Questa non è solo la storia di un rigassificatore che vogliono
piazzare per caso e al più presto in un piccolo porto, inadatto a
ospitarlo perché le case sono vicine, perché ci sono oltre cento corse
di traghetti che gli passerebbero a pochi metri con gravi rischi di
collisione, perché in quel porto possono esserci altri incidenti
(incendi, esplosioni).
Non solo perché ci sono aziende che coltivano pesce e molluschi in
prossimità della nave rigassificatrice che scaricherebbe in mare ogni
giorno tonnellate di acqua fredda ed ettolitri di varechina.
Non solo perché quelle aziende danno lavoro a centinaia di persone e
rappresentano il primo polo del settore in Italia.
E non solo perché quel rigassificatore comprometterebbe la rinascita
di un territorio devastato da molte altre scelte simili all’insegna
del “prendi e fuggi”, come quelle delle acciaierie e degli altiforni.
Questa non è solo la storia di un rigassificatore che non potrebbe
starci perché qualsiasi valutazione di impatto ambientale darebbe un
responso negativo, e infatti proprio per questo il governo l’ha
esclusa.
La storia del rigassificatore di Piombino è la storia di una diga dei
diritti dei cittadini contro l’autoritarismo nel nome di una non
meglio precisata “emergenza nazionale”.
Grazie a un articolo (il numero 32) del decreto aiuti bis dello scorso
agosto, se passa l’operazione Piombino domani con lo stesso metodo si
potrà realizzare qualsiasi cosa ovunque, senza che nessuno possa
provare a opporsi.
Non è una lotta di un movimento Nimby, a Piombino la lotta è per
difendere un principio fondamentale: il diritto al rispetto delle
regole, delle leggi, dei diritti.
Il documentario è l'occasione per parlare della questione a una platea
internazionale.